Il calapranzi

foto di scena
1984

di: Arold Pinter
ideazione e regia: Carlo Cecchi
con Alfonso Santagata e Claudio Morganti

Due uomini chiusi in una stanza. Due killer professionisti: Ben e Gus, lavorano per una misteriosa organizzazione che comunica soltanto il nome di una città dove essi si devono recare e un indirizzo dove attendere la “chiamata” per la prossima esecuzione. Due personaggi in una stanza attendono che la porta venga aperta, che la vittima entri nella trappola. Fin dall’inizio è chiaro che tra i due c’è una tensione pericolosa; Gus, il più tormentato dai dubbi ha crescenti sensi di colpa e la sua disciplina si sta allentando, Ben reagisce a questi cedimenti con sempre maggiore autorità. Ben e Gus eseguono istruzioni che sembrano senza significato e diventano sempre più irritabili. L’attesa è insopportabile, chi entrerà dalla porta? NClimi di tensione determinati da situazioni di attesa dove “l’esterno” porta a inevitabili sospensioni. Dove gli attori diventano sopravvissuti di una specie. Dove i loro gesti e persino il loro linguaggio sono residui di una logica comune ormai quasi dimenticata. In “Il calapranzi” di Pinter questi semplici elementi saltano agli occhi con prepotenza, immediatamente.


Stralci di recensioni

“Che la scelta sia caduta su questo testo, uno dei primi di Pinter, può apparire quasi naturale. E’ una piece a due soli personaggi, che si svolge in un arco di tempo all’interno di una stanza reclusoria, un sotterraneo angusto privo di finestre. Uno spazio fatto apposta per cancellare lo sfgarsi dei conflitti tra due, il più anziano ed aggressivo Ben e il tenero, incerto Gus, sempre tentato dal gesto di ribeglione, sempre ricondotto alla soggezione… Cecchi regista ha indubbiamente contribuito a mantenere questo Calapranzi aderentissimo a Pinter, a dare sopratutto compiutezza al lavoro dei due attori, imbrigliandone la fantasia entro precise regole sceniche. Quello che ne risulta è uno spettacolo denso e teso, privo di cadute nei tempi misurati capace di ricordare che si può fare teatro, con rigore, anche utilizzando pochi mezzi .”

di G. Manzella da IL MANIFESTO

“…L’ idea fondamentale e assai intelligente di questo allestimento è quella di rendere i due sottoproletari inglesi si Pinter con due personaggi nostrani, non per travestire o rivedere il testo ma anzi al contrario per rendergli tutta la sua concretezza, il suo sgradevole materialismo, per toglierlo da ogni sospetto di recita in costume.

di U. Volli da LA REPUBBLICA

“… La vicenda è nota: in un misero sottoscala i due sonncchiano, leggono maniacalmente il giornale, ascoltano svogliatamente la radio p scambiano quattro chiacchere a vanvera, per ingannare l’attesa di ordini da parte di un enigmatico signor Wilson, che al pari del Godot beckettiano sempre viene ricordato e mai compare. A iserire lo scarto umoristico in un intreccio costruito con sapiente mano drammaturgica e con la perfetta tecnica del “giallo”, ecco interveenire uno di quei saliscendi o calaranzi, usati nei ristoranti per passare da un piano all’altro le vivande… In accordo a un’ambientazione scenica iperrealistica, Santagata e Morganti conferiscono a Ben e Gus l’accento, i tic, le insicurezze, la  violenza spavalda e ottusa di due criminali di casa nostra.”

 di L. Lapini da PAESE SERA

“… Ecco uno spettacolo che non deve perdere chi ama il teatro. Tanto più raccomandabile è questo Calapranzi, a chi frequenta territori del nuovo teatro… Occorre aggiungere che ei due giovani che lo interpretano Alfonso Santagata e Claudio Morganti, Pinter ha trovato gli attori ideali. I due sono degli “irregolari” del teatro di ricerca e lavorano con ricore sulla drammaturgia d’autore. La supervisione registica di Carlo Cecchi stringe nella morsa di tempi esattissimi le interpretazioni del Santagata impegnato a rendere la violenza ottusa del killer, e del Morganti, il quale gioca invece, sull’aternanza tra paura e criminalità, nelle spirali di nevrotica insicurezza.”

di U. Ronfani da IL GIORNO

“…Il calavivande si fa strumento di comunicazione con le Sfere Superiori che alla fine mandano l’ordine anto atteso. La vittima designata sta avvicinandosi. la porta si spalanca e… il killer con la pistola spianata is trova faccia a faccia con il suo compagno “fratello e simile” in un destino di ironica duplicità teatrale. Santagata e Morganti, sorretti dalla lucidità registica di Carlo Cecchi, hanno sostenuto una “performance” tesa e calibrata in ritmi e tempi, disegnando sulla scena un Pinter impeccabile”.

di R. Barbolini da IL GIORNALE

“… Giusta la scelta del “Calapranzi” che , a ventriquattro anni dalla sua comparsa, rivela una dimensione classica, universale e non teme contaminazioni linguistiche, anzi apare rinvigorito dal gorgogliare di napoletanità che muove l’interpretazione di Santagata/Morganti. Lo spettacolo macina battute ed emozioni con ritmo e grande naturalezza, com’è nello stile di Cecchi, Santagata e Morganti si dimosrtano attori pronti ad affrontare altri confronti con testi d’autore.

di P. Lucchesini da LA NAZIONE

“… Non mancano evidentemente due grosse trovate teatrali: il silenzio per buona parte dea “piece” sul loro segreto, e il rapposto con l’esterno affidato solo al rudimentale tramite di un calapranzi. La congenialità di Cecchi a Pinter è nota.: è grazia a una manicale ricerca del particolare verosimile al continuo proliferare di controscene che consentono di concentrare su elementi distraenti l’alienazione dei personaggi, all’approfondimento di dialoghi tanto banali quanto carichi di sottintesi, esce un altro gioello, perfetto. I due attori lo vivono spremendovi cadenze e accenti napoletani, e il Santagata riprendendo anche inflessioni del regista: se è vero per due come loro interessati ad una creatività autonoma: che si trovano qui al limite della esercitazione, bisogna riconoscere che viaggiano in sapiente equilibrio tra la risata e l’angoscia, offrono tra l’altro una grossa lezione di professionalità.

di F. Quadri da PANORAMA

“…E’ uno dei rari spettacoli da non mancare assolutamente… Carlo Cecchi firma la regia di impeccabile rigore, il duo Morgagni – Santagata non soltanto conferma le rare qualità personali già messe in mostra nei suoi recedenti exploit teatrali “Katzenmacher” e “Buncher mon amour”, ma si dimostra disponibile a risultati artistici di alto livello anche nella interpretazione di testi ideati su tutt’altra misura… Cecchi, Morganti e Santagata hanno inteso alla perfezione tutte le sotterranee tensioni, le lotte morali e i desideri inconfessati che il sottotesto rivela”.

di L. Chiavarelli da LA CITTA’

“…Da questo incontro a quattro fra due attori, un regista e un autore è nato uno spettacolo teso, allucinato, duro e straziante al tempo stesso, sempre in bilico tra realismo esasperato e tensione visionaria. L’apporto di Cecchi lo avverti nella naturalezza senza scosse con cui l’azione è stata trasportata al contesto napoletano, una Napoli di oggi”.

di R. Palazzi da IL CORRIERE DELA SERA

“… Tutto giocato tra l’assurdo e l’iperrealismo, l’opera di H. Pinter da modo a Santagata & Morganti di offrire una nuova prova di grande forza teatrale: tanto è fastidioso ed oppressivo uno quanto è frustrato e incerto l’altro. La tensione scenica nasce tutta dallo scontro di queste due machere sincere e la comicità che a tratti ne deriva ha un potere raggelante. Carlo Cecchi firma una lucidissima regia che preferisce all’attesa di Godot l’angoscia del vissuto e il degrado del quotidiano”.

di C. Cumani da IL RESTO DEL CARLINO

“Per Santagata e Morganti “Il Calapranzi” di Pinter è l’ultimo incontro in ordine di tempo con una drammaturgia della diversità e dell’emarginazione. A questa drammaturgia, così contemporanea, i due attori, qui benissimo guidati da Carlo Cecchi, sono sempre rimasti fedeli, mostrano di avere raggiunto una notevole maturità interpretativa.

di M. G. Gregori da L’UNITA’

“… Di questa lunga scena Santagata e Morganti danno un’interpretazione splendida. La loro conosciuta bravura e il loro collaudato affiatamento;; sono anche fortati dalla vigilante regia di Carlo Cecchi, che si ricorda quì di un alro suo esaltante allestimento di Pinter: “Il compleanno” premio della critica 1980. C’è infine da mensionare la cadenza napoletana che i due interpreti danno ai personaggi: ulteriore tocco realistico della vicenda. Insomma uno spettacolo perfetto, che assolutamente non devono perdere gli appasionati del teatro “arrabbiato”, “assurdo”, o di “mminaccia”.

di  R. Madetti da LA NOTTE