Le voci di dentro

Le voci di dentro ph. monica biancardi
2004 – Le voci di dentro | ideazione e regia di Alfonso Santagata

Ideazione e regia: Alfonso Santagata
con: Barbara Valmorin, Alfonso Santagata, Antonio Alveario, Nadia Carlomagno, Rossana Gay, Johnny Lodi, Massimiliano Poli
assistente alla regia: Chiara Senesi
luci: Maurizio Viani
scene e costumi: Tiziana Draghi
direttore di palcoscenico: Tommaso Checcucci 
organizzazione: Alessandra Bartucciotto
amministrazione: Laura Bagnoli 
organizzazione della tournée: Emilio Vita
collaborazione al progetto: Cristina Valenti
una coproduzione: Katzenmacher / Fondazione Pontedera Teatro
con il contributo di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Toscana, Comune di San Casciano Val di Pesa

È una mattina luminosa di fine novembre, e la vita ricomincia come ogni giorno nella linda cucina di casa Cimmaruta. Rosa, la sorella nubile di don Pasquale, dialoga con la serva Maria e il portiere Michele, e attraverso le loro parole la famiglia Cimmaruta si presenta. La signora Matilde fa la cartomante, e traffica con “tutta una clientela di gente bizzarra”, che il marito Pasquale accoglie sulla porta con un turbante in capo; il signorino Luigi non ha né arte né parte ed è sempre affamato; la figlia Elvira lavora da dattilografa; la zia Rosa fabbrica candele e saponi riciclando i rifiuti grassi della casa. Una normalità domestica che rivela da subito tratti eccentrici e bizzarri, in un clima di inquietudine e attesa. Maria e Rosa raccontano i loro sogni, popolati di incubi raccapriccianti e truculenti: un capretto dalle fattezze di bambino servito al desco famigliare, una fontana da cui zampilla sangue umano… Quale disagio emerge fra le pieghe ancora stropicciate del mattino? Il suono del campanello scandisce il ritmo degli eventi successivi. Si presentano i vicini di casa, Alberto e Carlo Saporito, di professione “apparatori di feste”, e con loro fanno l’ingresso i segni di un malessere reale: la decadenza economica, la sofferenza fisica, la fame. E si introducono certi accenni misteriosi, che hanno il sapore dell’insinuazione sottile, ben presto svelata dall’irruzione improvvisa della polizia. Antonio Saporito ha denunciato l’intera famiglia Cimmaruta dell’assassinio di tale Aniello Amitrano, che è effettivamente scomparso. Ma quando si tratta di guidare gli agenti alla scoperta delle prove, queste non si trovano, e il vicino è costretto ad ammettere di essersi sognato tutto quanto.
È pomeriggio, nel magazzino dei Saporito, ingombro della disordinata mercanzia degli apparatori: stendardi, lampioncini, immagini sacre, fuochi d’artificio, cataste di sedie. In alto, sul mezzanino, c’è Zì’ Nicola, che dialoga col mondo di sotto lanciando sputi e facendo scoppiare “granate, botte e girandole”, dopo aver deciso che l’umanità è sorda, e tanto vale essere muti. Di nuovo, è il campanello a ritmare le vicende attraverso le quali si rivela via via la natura del micromondo condominiale, riflesso del più ampio consesso al quale il vecchio ha deciso di non appartenere più. Carlo Saporito traffica la cessione del patrimonio famigliare, approfittando della minaccia di carcere che pende sul capo del fratello in seguito alla falsa denuncia. Uno alla volta fanno il loro ingresso i membri della famiglia Cimmaruta, provocati dal sogno di Alberto Saporito a svelare una realtà famigliare fondata sul sospetto e il discredito reciproci. Convinti che l’assassinio sognato non possa non essere vero, i Cimmaruta si accusano a vicenda: la zia contro il nipote, il nipote contro la zia e la sorella, il marito contro la moglie e questa contro di lui, la sorella contro il fratello… La sera è scesa quando, dall’alto del mezzanino, Zì’ Nicola chiede inutilmente pace prima di far scoppiare il suo ultimo bengala verde.
È di nuovo mattina nel magazzino dei Saporito. Continuano le trattative di Carlo per truffare il fratello, mentre i Cimmaruta arrivano a proporre una gita in campagna ad Alberto, già messo in guardia dalla servetta Maria circa le reali intenzioni dei suoi padroni, decisi a sbarazzarsi del pericoloso testimone sognatore. Ma ecco comparire il brigadiere con Aniello Amitrano, ben vivo e ignaro di tutto. Eppure un omicidio si è compiuto, denuncia Alberto, quello della stima reciproca. Tutti disposti a vedere un criminale in ciascuno, tutti disposti a “mettere un delitto nel bilancio di famiglia”. Il silenzio – al quale Zì’ Nicola da tempo si era consegnato – cala sui due fratelli, restati soli nel magazzino, mentre il sole si affaccia dal finestrone in fondo tagliando l’aria polverosa.

Le voci di dentro è la seconda tappa del progetto triennale su Eduardo De Filippo che Alfonso Santagata ha inaugurato con lo spettacolo Quali fantasmi. Dagli atti unici alla commedia in tre atti, si approfondisce l’indagine sul mondo eduardiano e sulle sue tessiture drammaturgiche sapientemente sospese fra realtà e fantasia. Ritornano le maschere grottesche di personaggi comici e tragici al tempo stesso, e si accentuano le tinte scure che solcano l’apparente solarità dei rapporti famigliari e sociali. Ognuno è pronto a vedere il mostro nell’altro perché la mostruosità appartiene all’umano. Se all’interrogativo implicito contenuto nel titolo del primo spettacolo Alfonso Santagata rispondeva, citando Eduardo: “I fantasmi siamo noi”, la conclusione di questo secondo lavoro sarà forse: “I mostri siamo noi”: ciascuno regista feroce della rappresentazione dell’altro nelle vesti del “malcapitato” di turno. E ancora una volta il teatro di Santagata e quello di Eduardo si sovrappongono in un’unica visione.

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Stralci di recensioni

“ Proprio quella finzione che avvolge anche il teatro di Santagata, si sovrappone a quello di Eduardo e in questo lavoro ci viene dis-velata completamente quando, in chiusura, quinte e fondali crollano al suolo cristallizzandosi nel presente”.

Francesco Urbano, “Roma”, 10 settembre 2004

“E i membri della famiglia Cimmaruta, capeggiati dalla stessa Rosa con le sue candele accese, fanno il loro ingresso in fila indiana, come una processione di zombi. E la “luminosa e linda” cucina di casa Cimmaruta si riduce a una congerie di pentole sparse qua e là sul tavolato come dopo un terremoto. Ecco, basterebbero questi pochi elementi a dire dell’intelligenza e della precisione messe in campo da Alfonso Santagata…” .

Enrico Fiore, “Il Mattino”, 10 settembre 2004

“… la pièce è porta in modo tradizionale, lasciando che gli attori recitino con naturalezza, senza inquinare il sapore della lingua napoletana, e il tutto fila agilmente in due tempi di 40’ l’uno. Del protagonista… lo stesso Santagata , anche interprete, fa un uomo anziano, posato, di una ostinata dolcezza… bene anche Massimiliano Poli, e le donne… è stato un successo, e come tale si rinnoverà”.

Masolino D’Amico, “La Stampa”, 11 settembre 2004

“L’indovinata chiave di lettura registica, che propone una vicenda in bilico fra il giallo con la canonica soluzione finale e l’avventura surreale, ha trovato un eccellente supporto in tutti gli interpreti… e nello stesso Alfonso Santagata, un Alberto Saporito dolorosamente stralunato…”.

Stefania Maraucci, “Hystrio”, XVII. 4/ottobre-dicembre 2004

“Un evento da non perdere. Uno dei migliori spettacoli della stagione…Una vera sfida teatrale, quella che Alfonso Santagata , una delle più gagliarde sensibilità della nostra contemporaneità sperimentale della scena, ha voluto giocare cimentandosi assieme alla sua compagnia Katzenmacher in un allestimento presentato con successo lo scorso mese al Festival di Benevento”.

Walter Porcedda, “La Nuova Sardegna”, 21 ottobre 2004

“Ma Alfonso Santagata con “Le voci di dentro” mette a soqquadro le nostre certezze sul teatro eduardiano. Portando alla luce il sottotesto amaro di questa grottesca storia familiare… Santagata gratta via la superficie e fa emergere un doppio fondo da commedia nera e visionaria, che è perfetta per le sue corde di regista e attore… e con i sempre più bravi e affiatati attori della compagnia Katzenmacher… ”.

Simona Maggiorelli, “Il Giornale di Sardegna; la Rinascita della Sinistra”, 22 ottobre 2004 – 12 novembre 2004

“Santagata depura accuratamente la commedia di De Filippo di qualsiasi bozzettismo, lascia che la risata abbia il suo corso, ma soprattutto addenta ciò che Eduardo fa emergere con più leggerezza: si getta a capofitto dentro il pessimismo della commedia… Il meccanismo è vincente: la visione di Eduardo, e di Santagata, è disegnata, visiva, insistita… In questa casa sospesa e inquinata, Santagata attore e regista è un perfetto Alberto Saporito… Attorno una compagnia che non perde un colpo. Abilissima nel conservare il tono della commedia e ad esaltare il suo esatto contrario ”.

Roberto Cossu, “L’Unione Sarda”, 23 ottobre 2004

“E’ un Eduardo nerissimo quello scelto da Santagata alla seconda tappa nel percorso progettato dentro il teatro del maestro napoletano…E tradotto dall’artefice nelle atmosfere noir che più gli sono congeniali…i due fratelli si danno alla ricerca delle prove del delitto, nella sarabanda gestuale che chiude in maniera magistrale il primo tempo… Dopo (c’è sempre un dopo, nel teatro di Alfonso Santagata) nulla può essere più come prima… E accanto allo strepitoso artefice… si allinea una compagnia dall’ottima resa. ”.

Gianni Manzella, “Il Manifesto”, 24 ottobre 2004

“Una commedia che si presterebbe ad una lettura grottesca, ma che Santagata rilegge a livelli alti, puntando tutto sul dramma…Spettacolo davvero da non perdere, questo “Le voci di dentro”, per gli squarci poetici che riesce a aprire anche dentro al dramma più nero e alla follia. Con gli attori della compagnia Katzenmacher – da Rossana Gay a Johnny Lodi – impegnati in una prova davvero importante ”.

Simona Maggiorelli, “La Nazione”, 12 novembre 2004

“Qualcosa di più radicale emerge nel bell’allestimento di Santagata… che ora intraprende una lunga tournée: un sospetto che sa di infezione morale, di fine di ogni solidarietà… Le luci fotografiche, schiaccianti, ora opache ora magiche di Maurizio Viani, disegnano un De Filippo alla Hitchcock, come la recitazione ansimata di Santagata, quasi sospesa su un orrore indicibile… E’ tutto nel testo, ma con Santagata e i suoi bravi attori ogni risata è più acre, avvolta in un’aria cupa, notturna, madida di degradazione. ”.

Massimo Marino, “L’Unità”, 27 novembre 2004

“Dopo il bel trittico di farse raccolto in Quali fantasmi Alfonso Santagata ci mostra il volto più livido della comicità di Eduardo con questo riuscito allestimento de Le voci di dentro… Intorno a questo nodo traumatico immerso da Eduardo in un bagno di cupo umorismo Santagata ha costruito con la scenografa Tiziana Draghi uno dei suoi migliori “notturni”… Cast ottimo… ”.

Nico Garrone, “la Repubblica”, 6 dicembre 2004


Intervista a Santagata di Rossella Battisti, “L’Unità”, 10 maggio 2005